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Ponte sullo Stretto di Messina, le associazioni ambientaliste e i tecnici stroncano l’opera: “surreale”

Diredazione SB

Mag 6, 2025

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina continua a dividere l’opinione pubblica e, secondo le associazioni ambientaliste, a essere portato avanti in modo “surreale”. È questo il termine che riassume il giudizio emerso nel corso dell’affollato convegno organizzato, nei giorni scorsi, a Villa San Giovanni da WWF, Greenpeace, Legambiente, LIPU e dal Comitato No Ponte Capo Peloro. Un incontro di oltre quattro ore trasmesso anche in diretta Facebook, durante il quale si è smontata, pezzo dopo pezzo, la narrazione politico-mediatica che sostiene l’opera.

“Mancano basi solide e rispetto dell’ambiente”

La prima parte del convegno ha messo in luce gravi carenze nei documenti progettuali e nella recente delibera governativa che dichiara il Ponte “necessario per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico”. Esperti come il docente Domenico Gattuso e l’economista Domenico Marino hanno evidenziato l’assenza di una reale analisi costi-benefici e l’omissione di valutazioni sul mercato del lavoro locale. Inoltre, sono emerse gravi lacune nella valutazione degli impatti ambientali, al punto che la Commissione VIA-VAS ha imposto prescrizioni che richiederebbero ulteriori studi di almeno un anno su specie e habitat protetti.

Le associazioni hanno sottolineato come le rassicurazioni dei proponenti siano smentite dalle stesse documentazioni tecniche, e che la dichiarazione di “interesse pubblico” sia talmente debole da spingere il Governo a invocare persino motivazioni di sicurezza militare, mai sollevate prima nemmeno dalla NATO.

La politica locale alza la voce: “Si sottraggono risorse essenziali”

Nella sessione politica del convegno, moderata dalla sindaca di Villa San Giovanni Giusy Caminiti, diversi rappresentanti istituzionali hanno denunciato lo squilibrio fra i costi del progetto e i reali bisogni del territorio. Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ha criticato l’uso dei fondi di coesione per finanziare il Ponte, a scapito di interventi più urgenti per colmare il divario infrastrutturale tra il Sud e il resto d’Italia. Amedeo D’Alessio (CGIL), Angelo Bonelli (Europa Verde), Annalisa Corrado (PD) e Pasquale Tridico (M5S) hanno concordato sul fatto che l’opera rischia di diventare una cattedrale nel deserto, sottraendo risorse vitali per i servizi pubblici e per il miglioramento delle condizioni sociali ed economiche delle comunità locali.

Occupazione e PIL: numeri gonfiati, dati omessi

Molti relatori hanno contestato le proiezioni occupazionali legate al Ponte, definite “illusioni politiche”. È stato evidenziato che l’eventuale soppressione del traghettamento – attualmente impiegante circa 2.200 lavoratori – non potrà essere compensata con i posti promessi dalla costruzione del Ponte, la cui reale durata e portata restano incerte. Inoltre, è stato ricordato come la Calabria – pur collegata al “Continente” – abbia un PIL inferiore alla Sicilia, smentendo l’idea che l’insularità sia la causa principale del ritardo economico. Le critiche sono state estese anche alla mancanza di analisi su criminalità, illegalità e debito pubblico. Secondo i dati presentati, il rapporto debito/PIL era del 127% nel 2012, quando il Governo Monti fermò il progetto; oggi ha raggiunto il 135,3%, aggravando i dubbi sulla sostenibilità finanziaria dell’opera.

Un’opera impattante senza compensazioni chiare

Le criticità ambientali restano uno dei punti più controversi. La Commissione VIA-VAS ha imposto numerose prescrizioni, segnalando impatti certi e la necessità di deroghe ai vincoli di tutela dell’area dello Stretto. Tuttavia, gli interventi di compensazione ambientale richiesti non sono ancora definiti, e i tempi tecnici per una valutazione seria appaiono incompatibili con l’attuale iter accelerato imposto dal Governo. Le associazioni, inoltre, hanno annunciato l’apertura di un contenzioso con l’Unione Europea, segnalando che la procedura italiana viola i criteri comunitari di necessità e proporzionalità delle opere pubbliche, oltre a ignorare alternative tecniche meno impattanti – come un ponte a più campate con tracciato diverso – già indicate dallo stesso gruppo di lavoro del Governo Draghi.

Futuro sospeso tra illusioni e realtà

Il convegno di Villa San Giovanni ha confermato come il progetto del Ponte sullo Stretto continui a sollevare ”forti preoccupazioni tra tecnici, ambientalisti e amministratori locali. L’assenza di solide analisi economiche, ambientali e sociali, unita alla mancanza di trasparenza nel processo decisionale, mette in discussione non solo l’utilità dell’opera, ma anche la sua legittimità”. Mentre il Governo prosegue spedito, cresce la mobilitazione dal basso per chiedere scelte più razionali, partecipate e sostenibili. Il futuro del Ponte di Messina, ancora una volta, appare incerto e le voci critiche si fanno sempre più forti.

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