Riceviamo e pubblichiamo un comunicato a firma di Viviana Cannizzo, Promotrice del Progetto “Metaborgata” a Siracusa:
“Affrontare questo tema significa toccare vari punti e relative problematiche. Si va dal mercato immobiliare alle ristrutturazioni edilizie fino alle opportunità di lavoro in un territorio che, nei decenni scorsi e relativamente alle potenzialità turistiche, ha sempre offerto troppo poco.
Poi c’è il rovescio della medaglia, ovvero la diminuzione degli affitti a lungo termine per i residenti, lo sfruttamento di infrastrutture idriche, elettriche e fognarie già di per sé fatiscenti, la perdita di equilibrio tra vita reale e la dimensione “vetrina turistica” solo per dirne alcune.
E infine il lato “politico” della questione e quindi l’esigenza di una visione collettiva e la collaborazione pubblico-privato lavorando a progetti di promozione del territorio senza ripetere gli errori fatti in Ortigia la cui economia è concentrata esclusivamente sul turismo con inevitabile perdita del tessuto sociale originario e qualche deriva di troppo sulla mancata regolamentazione di licenze nonché la complessa gestione di flussi di persone così impattanti per il fragile isolotto.
Come residente e piccola imprenditrice che gestisce un B&b nel quartiere della Borgata Santa Lucia, penso di poter dire la mia dopo vari anni di attività professionale e altrettanti dedicati all’animazione del quartiere attraverso una serie di iniziative che con il nome di MetaBorgata hanno messo in rete diverse associazioni rilanciandolo come laboratorio attivo di rigenerazione urbana, affinché l’economia turistica possa sposarsi a quella bellissima caratteristica del quartiere che lo rende molto vicino al concetto caro a molti urbanisti, quello delle città dei 15 minuti.
Ho lavorato e vissuto tanti anni in Ortigia prima di trasferirmi qui, anni in cui poco o nulla succedeva nel nostro amato centro storico, aspetto di cui tutti ci lamentavamo, e mi sono occupata di promozione del territorio attraverso un’organizzazione innovativa “Impact Hub Siracusa” uno spazio di coworking mirato a creare connessioni virtuose per lo sviluppo di un’economia sostenibile e consapevole. Nel frattempo l’intraprendenza della nuova amministrazione e una fisiologica crescita di tante professionalità locali hanno aperto le porte al mondo e il mondo è arrivato a Siracusa.
Ortigia è diventata il polo di attrazione principale, gli affitti brevi si sono sostituiti, gradualmente, a quelli residenziali e si è moltiplicato esponenzialmente il traffico di persone con tanti vantaggi quanto disagi.
Questa premessa è fondamentale per capire come si vuole guardare la Borgata oggi, il secondo centro storico di Siracusa, il quartiere della santa patrona Lucia, del Caravaggio, del Liberty, dello stadio con la squadra cittadina del cuore, della memoria artigianale, dei nuovi abitanti in gran parte prime e seconde generazioni di immigrati che hanno cominciato a viverla in seguito alla svalutazione delle case negli anni in cui lo sviluppo urbano guardava a nord, ma anche dei giovani siracusani che vogliono stare in centro con i benefici di una logistica quotidiana meno traumatica di quella ortigiana.
Le nuove importanti riqualificazioni, da piazza Euripide e via Agatocle sino a quella in corso allo Sbarcadero, hanno creato un collegamento importante tra il nord e il sud della città e rimesso al centro dell’interesse turistico e residenziale il quartiere: adesso bisogna necessariamente avere una visione di come sarà quest’area cittadina tra qualche anno, partendo appunto dall’esperienza di Ortigia ma soprattutto dai continui e rapidissimi mutamenti che a livello globale ci hanno insegnato nuovi modi di vivere.
La pandemia in primis, che ha fortemente aumentato il trend di coloro che lavorano in smart working da qualsiasi parte del mondo, creando un turismo più stanziale, capace di creare stimolanti contaminazioni. Domanda: vogliamo posizionarci meglio per attrarre questo target? Con proposte
ad hoc nelle fiere di settore? In seconda istanza i flussi migratori ci pongono quotidianamente dinanzi all’esercizio della convivenza con culture e abitudini straniere, che ci piaccia o meno (a me si, che sia chiaro): potremmo alimentare un turismo che valorizzi questo crocevia di culture, creando occasioni culturali di respiro mediterraneo capaci di rendere queste comunità straniere una parte attiva del processo di crescita sociale della città, magari guardando anche alla fascia geografica magrebina come un polo di attrazione di nuovi target turistici meno scontati, caratterizzati da nuove forze economiche: non c’è solo la narrativa dei migranti che affrontano il difficile esodo, ma anche quella di nuove classi sociali che viaggiano ed investono, provenienti dalla Tunisia, dall’Egitto o dal Marocco per fare un esempio.
Domanda n.2: intrecciamo relazioni con questi paesi per una strategia comune di valorizzazione del Mediterraneo tutto? Infine un’ultima riflessione: la diffusione globale del commercio digitale ha portato alla chiusura di molte attività, creando un cimitero di bassi immobiliari: un rilancio delle attività artigianali, per quanto spesso sia fragile la loro sostenibilità economica, può essere fatto se supportato fortemente
dall’amministrazione, con agevolazioni fiscali per l’occupazione di bassi con questa destinazione d’uso e opportunità di formazione che guardino ad esperienze felici, penso alla Scuola 4.0 di Palermo o al lavoro instancabile del promotore Andrea Bartoli che ha creato poli di attrazione culturale dedicati alla creatività contemporanea in luoghi generalmente considerati periferici come Favara o Mazzarino.
Questi esempi potrebbero essere d’ispirazione per una candidatura ad uno dei tanti bandi culturali in
cui associazioni, istituzioni e residenti possano coalizzarsi per un progetto comune di crescita autentica. Prendendo ispirazione dalle argomentazioni esposte da Francesco Mannino, presidente della cooperativa che gestisce i servizi culturali del Monastero dei Benedettini di Catania, relative ad una papabile candidatura di Catania a capitale europea della cultura penso ad una proposta che guardi alla realtà urbana siracusana nella sua interezza e complessità, giocando la carta di ciò che ancora non si conosce invece di quella sempre sfruttata del patrimonio archeologico che grazie al cielo non ha più bisogno di presentazioni.
C’è un Caravaggio a cui poco o nulla è stato dedicato in termini di iniziative continuative, magari un piccolo festival che ogni anno stimoli letture dell’opera diverse, capaci di avvicinarci all’artista e offrirci spunti per capire meglio la nostra epoca? C’è un’architettura Liberty tutta da scoprire, frutto in gran parte di quelle botteghe artigianali che qui operavano, artigianato che può essere rilanciato con workshop e laboratori di formazione appositi per creare nuove professionalità e sbocchi occupazionali con una visione più contemporanea, coinvolgendo i tanti creativi locali o organizzando residenze con artisti di altri paesi (il confronto, sempre).
C’è un contenitore come lo stadio comunale che potrebbe ospitare anche eventi musicali, decongestionando il parco archeologico. C’è un museo archeologico di rilevanza mondiale che ancora stenta a posizionarsi nei percorsi di scoperta del patrimonio locale che potrebbe aprirsi a 360 gradi con iniziative di carattere educativo rivolte anche alle comunità straniere come ha fatto un istituzione di enorme successo quale il Museo Egizio di Torino guidata da un direttore lungimirante.
Questi sono spunti, idee per un confronto che diventi di respiro sempre più ampio, in cui la parola
accoglienza diventi un principio fondante di vivibilità per tutti e non solo uno strumento di posizionamento di marketing turistico”.